Domenico Panetta

19 novembre 2018

Brexit, prospettive e rischi per l'export italiano

Uno dei più importanti partner commerciali dell'Italia, il Regno Unito, è alle prese con la crisi politica più drammatica dal Dopoguerra: la Brexit. Una decisione senza precedenti, che divide famiglie e contrappone fasce sociali e generazionali diverse, diventerà realtà il prossimo 29 Marzo, data in cui i trattati europei non saranno più in vigore sul territorio della Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord.

Il Regno Unito è il 4^ mercato di sbocco delle esportazioni italiane, corrispondenti a circa 23 miliardi di euro. Quasi l'1% del Pil dell'Italia dipende dal commercio con il paese anglosassone, con il settore automotive, alimentare, della moda e dei macchinari particolarmente esposti.

La domanda che si pongono gli osservatori è scontata: che impatto avrà la Brexit sulle imprese italiane che esportano beni e servizi nel Regno Unito? La risposta è legata alle modalità con le quali il governo di Londra sceglierà di districarsi dai regolamenti UE e divergere dagli standard vigenti nel mercato comune. Ma andiamo per ordine e cerchiamo di capire quali scenari si prospettano nei prossimi mesi.


GLI EFFETTI DEL REFERENDUM SUL REGNO UNITO

Il 23 Giugno 2016, i cittadini del Regno Unito hanno votato per abbandonare le istituzioni dell'Unione Europea e "riprendere il controllo" delle proprie leggi e delle politiche migratorie. Nonostante la disoccupazione fosse in forte calo (al 5.5%), il Pil in crescita (oltre il 2% negli ultimi 3 anni) e il reddito delle famiglie in aumento, 17,4 mln di Inglesi, Scozzesi e Nord-Irlandesi hanno mandato un segnale chiaro e inequivocabile all'establishment: vogliamo smettere di farci governare da burocrati non eletti, controllare chi arriva nel nostro Paese e smettere di pagare miliardi di euro in costosi progetti nell'Europa dell'Est.

L'esito del voto ha sconvolto i mercati, spiazzato i due principali partiti politici del Regno e raffreddato l'entusiasmo del mondo imprenditoriale. Dal 2016, la sterlina ha perso il 12%. Il governo conservatore di minoranza si aggrappa ai ricatti di 10 deputati ultra-protestanti nord-irlandesi ed è adesso guidato da un ex-sostenitrice della UE (la Sig.ra May) con l'arduo compito di attuare la Brexit. Il principale partito di opposizione (Labour) ha un leader euroscettico che fatica a controllare parlamentari filo-europei. Secondo le rilevazioni Plimsoll sul mercato UK, le imprese britanniche hanno congelato gli investimenti e accumulato liquidità per far fronte all'incertezza legala alla Brexit. Il tasso di crescita dell'economia negli ultimi 2 anni è l'ultimo tra i Paesi G7, assieme a quello dell'Italia.

 

COSA SI RISCHIA CON LA BREXIT

Tutto questo è il sintomo di una Brexit che non si è ancora verificata (il 29 Marzo 2019 è il giorno del giudizio) ma che anticipa timori non del tutto infondati.
Se il Regno Unito abbandona il mercato europeo comune e l'unione doganale - condizione necessaria per controllare l'immigrazione EU e stringere accordi commerciali bilaterali con Stati Uniti e Cina - si metteranno a repentaglio 308 miliardi di euro di esportazioni britanniche in Europa, pari al Pil intero della Danimarca. E 400 miliardi di euro di importazioni dalla UE. Infatti, ogni transazione UK-UE sarà sottoposta non soltanto a tariffe (oggi inesistenti) ma anche a controlli di qualità necessari per assicurare il rispetto degli standard europei in materia di sicurezza, provenienza, impatto ambientale, etc.

Una Brexit dura e pura - con controlli alle frontiere, deregolamentazione e abrogazione delle direttive UE - potrebbe comportare tariffe del 30% su molti beni e portare il Regno Unito alla recessione, soprattutto in un contesto internazionale scosso dall'apprezzamento del dollaro e dalle tensioni commerciali in corso tra Cina e Usa.

Eppure, per una parte significativa degli Inglesi, la Brexit rappresenta un'occasione unica per proiettare la Gran Bretagna nel mondo, stringere accordi vantaggiosi con Paesi in crescita in Asia e America e rendere più competitiva l'economia, finalmente libera dalla burocrazia di Bruxelles. Dopotutto, i Paesi dell'Unione Europea costituiscono "solo" il 20% del Pil mondiale

Il governo del Regno Unito - diviso e indeciso su come gestire la Brexit ma unito nell'obiettivo di rispettare l'esito del referendum del 2016 - è adesso alla ricerca di un accordo con l'UE che minimizzi i danni di uscita improvvisa e caotica, rispetti la volontà del 51,8% del popolo e abbia la maggioranza in parlamento. Cosa tutt'altro che agevole, considerando il forte peso negoziale dell'Unione rispetto al Regno Unito, le profondi divisioni nel Paese e un parlamento ufficialmente pro-Brexit ma composto dal 70% di deputati che hanno fatto campagna nel 2016 per rimanere nella EU.


ACCORDO CON LA UE O NESSUN COMPROMESSO?

Notizia di qualche giorno fa è che l'accordo sul "divorzio" sembra essere stato approvato: il Regno Unito promette di proteggere i diritti dei residenti EU, si impegna a pagare 39 miliardi di sterline nei prossimi anni e accetta "temporaneamente" di rimanere nell'unione doganale europea, mantenendo così lo status quo ed evitando la costruzione di un famigerato confine fisico tra la Repubblica d'Irlanda (membro EU) e l'Irlanda del Nord (parte del Regno Unito). Confine che potrebbe riacutizzare le tensioni tra unionisti e separatisti nel Nord.

Stando agli ultimi rumors, l'accordo rischia di arenarsi in parlamento e spaccare la maggioranza di governo: il ministro per la Brexit (il Sig. Raab) si è dimesso ieri e quasi 80 deputati del partito di governo accusano il premier May che l'accordo con l'EU non è altro che un atto di "vassallaggio". Il Regno Unito - sostengono i parlamentari euroscettici - sarebbe costretto a "subire" le regole della Commissione Europea, qualunque esse siano, senza poterne influenzare le decisioni.

La fazione favorevole all'accordo denuncia invece l'ingente danno economico che deriverebbe dalla cancellazione immediata di tutti i trattati commerciali con i Paesi EU, paragonando l'effetto alla "caduta da un burrone".

Il Regno Unito è adesso ad un bivio cruciale. Nei prossimi giorni il governo di Londra deciderà quanto è disposto a pagare per riprendere il controllo della propria sovranità economica. Il 29 Marzo 2019 lo scontro tra le "ragioni dell'economia" da un lato e le "ragioni del popolo" giungerà al termine, con importanti conseguenze per l'export italiano.


COSA RISERVA IL 2019 PER L'ECONOMIA DEL REGNO UNITO?

Plimsoll Publishing è leader mondiale nella pubblicazione di report di settore e monitora oltre 1600 industrie e segmenti di mercato nel Regno Unito.
Attraverso modelli di valutazione indipendenti e riconosciuti, i report Plimsoll - aggiornati ogni mese - evidenzieranno i rischi e le opportunità della Brexit nel segmento retail, nei settori agro-alimentare, chimico-farmaceutico, energetico, tessile, nel mercato dell'automotive e dei servizi finanziari a famiglie e imprese. Un’analisi approfondita sui risultati conseguiti dalle imprese leader di ogni settore fornirà una chiave di lettura sul comportamento dei principali player di mercato e sulle relative decisioni di investimento.

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